È probabile che «Gulliver», la rivista internazionale immaginata alla fine degli anni Cinquanta da tre gruppi di scrittori appartenenti a tre diverse nazioni, sia l’unica rivista europea del secondo dopoguerra. Certo, di riviste europee ce ne sono state più di una, ma sempre realizzate da una redazione ben radicata in uno dei paesi del vecchio continente e sempre con collaboratori stranieri; tutte riviste che si proponevano, e spesso avevano, un respiro sopranazionale. Ma una rivista interamente progettata, scritta e redatta da una redazione francese, una italiana e una tedesca, non c’è mai stata. Per questo «Gulliver» va visto come un punto decisivo, persino di svolta, della cultura europea del XX secolo. Questo anche se la rivista progettata nel corso di cinque anni non è mai nata; o forse proprio per questo.
Alla fine degli anni Cinquanta va in crisi l’idea dell’engagement. Esaurita la spinta innovativa del dopoguerra, prima in Francia, con gli avvenimenti legati all’Algeria, poi in Italia, con l’invasione sovietica dell’Ungheria e l’uscita dal Partito comunista di un numero nutrito di intellettuali e scrittori, inizia una sorta di ritorno alla letteratura che ha nei tre paesi - Francia, Germania, Italia - un significato molto diverso. La Francia non conosce il rapporto privilegiato che in Italia gli intellettuali hanno avuto, dall’epoca della Resistenza, con il Partito comunista; la situazione francese è molto più complessa e variegata, anche per l’esistenza di un’ampia e solida cultura di destra, per la presenza di figure intellettuali non allineate nell’ambito della sinistra, per un conflitto tra potere politico e intellettuali che dura almeno dall’epoca dell’illuminismo, tanto da fare degli intellettuali francesi una realtà rilevante nelle vicende politiche del paese. Da Voltaire a Sartre, l’intellettuale, lo scrittore, ha in Francia uno statuto particolare. Diversa è la situazione italiana, dove invece, a partire dalla caduta del fascismo, gli scrittori e gli intellettuali hanno trovato nella sinistra di estrazione marxista e nello storicismo un punto di riferimento essenziale. Per quanto lo slancio vitale della Resistenza, l’ipotesi di un rapido e sostanziale cambiamento della realtà sociale e politica dell’Italia sia terminato già nel 1955, in Italia gli scrittori - o almeno molti di loro - si misurano con la politica e con la visione strategica del Partito comunista. Ancora diversa la realtà tedesca, dove una giovane generazione di scrittori tedeschi è emersa dalla tabula ras della fine del nazismo e della sconfitta militare, e si misura, in quel 1959 (data di uscita di due importanti romanzi del dopoguerra: Il tamburo di latta di Günter Grass e Congetture su Jacob di Uwe Johnson) con i problemi di un difficile dopoguerra su cui gravano i sensi di colpa, le promesse per il futuro, ma anche il bisogno di fare i conti con la propria storia passata.